ISTITUTO DI CULTURA ITALO - TEDESCO
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PER PADOVA E VICENZA
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Helmuth Plessner - Per un’antropologia del sorriso

Venerdì 19 febbraio, ore 17.00 in Zoom
Helmuth Plessner. Il sorriso (I)
Relatore: Stefano Martini

Link Zoom: https://us02web.zoom.us/j/82796198626?pwd=TkNKUnpFTitseVF5dVMwMFJTTllVdz09

ID riunione: 827 9619 8626
Passcode: 713250

Dedicheremo gli ultimi due incontri su Helmuth Plessner alla lettura e al commento di Das Lächeln [Il sorriso] (1950). Il sorriso, il cui fascino ha stregato poeti, musicisti, ma specialmente scultori e pittori di ogni tempo, ispirando alcune delle opere più straordinarie della cultura mondiale, ha un’ambiguità che supera quella di qualunque altra espressione mimica umana e possiede un’adattabilità alle più differenti e contrastanti disposizioni dell’animo che decreta l’assoluta impossibilità di determinare con esattezza a quali motivi si possa legare la sua comparsa. Il sorriso del neonato, il sorriso amichevole, quello ironico o beffardo, il sorriso di piacere e quello di amarezza, non hanno tra loro nulla in comune, se non una determinata contrazione muscolare del volto, con allungamento delle labbra e formazione di lievi fossette laterali che, fotografata nel suo darsi puramente esteriore, dice – insieme – troppo e troppo poco: mentre non traspare univoca ragione di scatenamento né sensazione provata, dalla sua sola immagine prende spazio un vasto campo di possibilità accennate, impercettibilmente presenti. Il noto studio di Charles Darwin, dal titolo L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali (1872), che si avvale peraltro di minuziose osservazioni antropologiche e di testimonianze fotografiche, nel valutare il rapporto tra certe sensazioni e le manifestazioni fisiche loro conseguenti, si è soffermato sulla fisiologia del sorriso, precisando che, oltre all’intervento dei grandi muscoli zigomatici, avviene una moderata contrazione anche di alcuni muscoli del labbro superiore e contemporaneamente una dei muscoli orbicolari dell’occhio, sia nella parte superiore sia in quella inferiore. Una simile descrizione fisiologica del sorriso, tutt’altro che fine a se stessa, recepiva numerosi risultati di ricerche anatomiche e morfologiche – animali e umane, precedenti e contemporanee – inserendosi all’interno di un lavoro di ricerca che mirava a sottolineare la continuità di forma, modalità e funzione delle espressioni emotive tra specie differenti e tra l’animale e l’essere umano. Con un intento di altra natura, Helmuth Plessner propone un breve ma intenso saggio sul sorriso, cercando di interrompere la consueta separazione tra una lettura estetico-fenomenologica dell’espressione e la sua analisi fisiologico-funzionale. Impegnato in una scrupolosa indagine sul valore specificamente antropologico delle diverse forme dell’espressione e della comunicazione, Plessner sostiene che il sorriso rappresenta la forma più duttile e convincente della “eccentricità” umana; esso è inoltre l’espressione insieme più spontanea e più artificiosa che possa darsi. Ma soprattutto, egli sostiene con forza – diversamente dalla maggior parte degli autori di trattazioni filosofiche e scientifiche – che il sorriso non ha nulla a che fare con il riso, e che benché possa darsi un passaggio graduale dall’una all’altra forma espressiva, il valore antropologico del riso e quello del sorriso sono non solo diversi, ma persino opposti.

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